LE VERITA’ SULLO STRETCHING il suo ruolo NELLA PREVENZIONE degli INFORTUNI
e i MECCANISMI D’AZIONE
ART. PUBBLICATO sul "FINANZIERE"
Mensile di attualità, cultura e informazione professionale della Guardia di Finanza, fondato nel 1886.
L’obiettivo dello stretching (S.) è sicuramente quello di aumentare la mobilità articolare, riducendo la rigidità capsulo-legamentosa e migliorando la lunghezza/flessibilità dei muscoli.
Partendo dal presupposto che un ridotta mobilità diminuisce la funzionalità del corpo nel gestire i movimenti, si intuisce l’importanza che ha l’allungamento muscolare non solo nella preparazione fisica, ma anche nella prevenzioni infortuni e in ambito terapeutico.
Spieghiamo nel dettaglio cosa succede ad un muscolo accorciato e rigido. Al suo interno nella maggior parte dei casi aumenta il tono basale (stato di normale contrazione muscolare) e conseguentemente la pressione intramuscolare, rallentando la circolazione dei fluidi. Questo processo di rallentamento metabolico porterà nel tempo ad una trasformazione del tessuto connettivo elastico in fibroso determinando alterazioni biomeccaniche al sistema locomotore.
Le cause che incidono sulla ridotta mobilità articolare sono molteplici: una ridotta attività fisica, uno stress meccanico continuo, una rigidità post trauma, l’invecchiamento, una disfunzione neurologica, un blocco articolare (gesso - busti), ecc..
Esistono diverse modalità di allungamento muscolare, da quelle che agiscono sul singolo muscolo (analitiche sul distretto) a quelle che agiscono su un’intera catena muscolare (globali). Mentre le prime sono sicuramente più utili e pratiche in ambito riabilitativo (post trauma), la seconde sono più adatte per chi ha problemi di origine posturale.
Ma attenzione, come in tutte le metodiche di lavoro anche lo S. nasconde insidie importanti. Ammesso che il fine ultimo dello S. è abbassare il tono muscolare e allungare le fasce con i rispettivi muscoli, si deduce l’importanza che ha il "quando” lo si pratica. Per essere chiari, sicuramente è controproducente fare S. prima di una competizione perché l’atleta ha bisogno di aumentare e non di abbassare il suo tono muscolare per essere pronto alle continue contrazioni e decontrazioni muscolari e eventuali cambi di direzione. Eppure ancor oggi si vedono sportivi di fama internazionale praticarlo prima di una gara!!!!
Ma allora la domanda seguente è: sarebbe forse proficuo praticarlo dopo una gara o un allenamento? La risposta è no, perché dopo una gara il corpo subisce un stress sia meccanico che metabolico con grande dispendio energetico e riceverebbe un ulteriore sovraccarico delle strutture mio-fasciali. Dopo una competizione o un allenamento intenso le fibre muscolari subiscono dei microtraumi, riscontrabili anche nei giorni seguenti lo sforzo (D.O.M.S. - Indolenzimento muscolare a insorgenza ritardata) da non confondere con l’acido lattico che rimane nel muscolo non più di un’ora. Ora, considerando che durante lo S. il muscolo non solo va in ipossia (carenza di ossigeno), ma esercita una tensione importante sulle fasce e sui muscoli, è facilmente intuibile come strutture già danneggiate dal lavoro dovrebbero solo riposare per recuperare.
Ma allora quando farlo?
Per i motivi sopra descritti bisognerebbe sicuramente evitarlo nella fase di riscaldamento pre-gara o pre-allenamento, ma praticarlo preferibilmente con una seduta dedicata una volta a settimana. Quando per esigenze di tempo non è possibile inserirlo nella pianificazione settimanale è meglio comunque farlo dopo l’allenamento, sempre rispettando le sensazioni corporee del momento.
Spieghiamo nel dettaglio cosa succede ad un muscolo accorciato e rigido. Al suo interno nella maggior parte dei casi aumenta il tono basale (stato di normale contrazione muscolare) e conseguentemente la pressione intramuscolare, rallentando la circolazione dei fluidi. Questo processo di rallentamento metabolico porterà nel tempo ad una trasformazione del tessuto connettivo elastico in fibroso determinando alterazioni biomeccaniche al sistema locomotore.
Le cause che incidono sulla ridotta mobilità articolare sono molteplici: una ridotta attività fisica, uno stress meccanico continuo, una rigidità post trauma, l’invecchiamento, una disfunzione neurologica, un blocco articolare (gesso - busti), ecc..
Esistono diverse modalità di allungamento muscolare, da quelle che agiscono sul singolo muscolo (analitiche sul distretto) a quelle che agiscono su un’intera catena muscolare (globali). Mentre le prime sono sicuramente più utili e pratiche in ambito riabilitativo (post trauma), la seconde sono più adatte per chi ha problemi di origine posturale.
Ma attenzione, come in tutte le metodiche di lavoro anche lo S. nasconde insidie importanti. Ammesso che il fine ultimo dello S. è abbassare il tono muscolare e allungare le fasce con i rispettivi muscoli, si deduce l’importanza che ha il "quando” lo si pratica. Per essere chiari, sicuramente è controproducente fare S. prima di una competizione perché l’atleta ha bisogno di aumentare e non di abbassare il suo tono muscolare per essere pronto alle continue contrazioni e decontrazioni muscolari e eventuali cambi di direzione. Eppure ancor oggi si vedono sportivi di fama internazionale praticarlo prima di una gara!!!!
Ma allora la domanda seguente è: sarebbe forse proficuo praticarlo dopo una gara o un allenamento? La risposta è no, perché dopo una gara il corpo subisce un stress sia meccanico che metabolico con grande dispendio energetico e riceverebbe un ulteriore sovraccarico delle strutture mio-fasciali. Dopo una competizione o un allenamento intenso le fibre muscolari subiscono dei microtraumi, riscontrabili anche nei giorni seguenti lo sforzo (D.O.M.S. - Indolenzimento muscolare a insorgenza ritardata) da non confondere con l’acido lattico che rimane nel muscolo non più di un’ora. Ora, considerando che durante lo S. il muscolo non solo va in ipossia (carenza di ossigeno), ma esercita una tensione importante sulle fasce e sui muscoli, è facilmente intuibile come strutture già danneggiate dal lavoro dovrebbero solo riposare per recuperare.
Ma allora quando farlo?
Per i motivi sopra descritti bisognerebbe sicuramente evitarlo nella fase di riscaldamento pre-gara o pre-allenamento, ma praticarlo preferibilmente con una seduta dedicata una volta a settimana. Quando per esigenze di tempo non è possibile inserirlo nella pianificazione settimanale è meglio comunque farlo dopo l’allenamento, sempre rispettando le sensazioni corporee del momento.
CONSIGLI UTILI
Per preparare al meglio il corpo, nella fase pre-gara è utile riscaldarsi con esercizi generali di mobilità articolare, che coinvolgano possibilmente tutte le articolazioni, perché l'alternanza di contrazione e rilasciamento muscolare, aumenta la temperatura corporea e permette una migliore vascolarizzazione dei tessuti con una maggiore produzione del liquido sinoviale articolare.
A fine allenamento o dopo una gara, è consigliabile, invece, fare un lavoro di tipo aerobico a bassa intensità per facilitare un recupero veloce e completo.
Conoscere lo Stretching, sapere come e quando praticarlo è un’importante arma per mantenere in salute il nostro corpo e ottenere risultati performanti.
Il metodo G.P.S. è il metodo più efficace sia in ambito riabilitativo che sportivo. Agendo globalmente sul corpo, riduce i tempi per la risoluzione dei problemi fisici, anche nei disordini posturali più gravi.
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