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mercoledì 7 maggio 2014

QUANDO LO SPORT NON FA' BENE: DALL'ALLENAMENTO AL SOVRALLENAMENTO





ART. PUBBLICATO sul "FINANZIERE"


Mensile di attualità, cultura e informazione professionale della Guardia di Finanza,
fondato nel 1886.




Quando lo sport non fa bene:

dall’allenamento al sovrallenamento


A cura
Beniamino Colagrosso* e Massimo Alfieri**

Per allenamento si intende un’attività motoria costante e progressiva dove la persona, nel tempo, migliora l’efficienza fisica generale e specifica alla disciplina svolta. Le esercitazioni devono mirare a modificare l’equilibrio organico individuale e ripristinarlo ad un livello superiore.
E’ importante allenarsi? Sicuramente si, se rispettiamo il principio fondamentale del sovraccarico progressivo, cioè aspettare che il corpo sia fisiologicamente pronto ad accettare un ulteriore stress allenante.
Il meccanismo alla base del miglioramento di una prestazione, consiste nella capacità di adattamento dell'organismo che, sottoposto al cosiddetto carico d'allenamento reagisce positivamente con una serie di modificazioni morfologiche e funzionali, dipendenti dal lavoro svolto. Tali miglioramenti organici, di tipo cardiovascolare, respiratorio, muscolare, endocrini,  psicologici, ecc., variano in percentuale in base allo sport praticato.
E’ opinione comune che l’attività fisica adeguata e regolare migliora la salute in generale e inoltre, che l’essere umano non è fatto per stare fermo. E’ importante, comunque, non dimenticare le insidie che si celano dietro un errato approccio alla stessa.
Molte volte, purtroppo, ci sentiamo dire che uno sport è più indicato rispetto ad altri, senza pensare alle proprie individualità, come età, sesso, storia motoria, traumi recenti o passati, forma fisica attuale, ecc. Questa generalizzazione non solo espone la persona a rischi per la salute, ma potrebbe essere essa stessa potenzialmente pericolosa creando nel tempo disfunzioni.
Quindi, prima di iniziare attività sportive, soprattutto ad alto impatto, sarebbe bene confrontarsi con personale qualificato, che sappia valutare e consigliare l’attività motoria più idonea.
L’attività fisica è in grado di stimolare la produzione di diversi ormoni, che riescono a mantenere/migliorare l’equilibrio metabolico, condizione indispensabile per una buona salute fisica. Un esempio è il “GH” chiamato anche ormone della crescita, che stimola l’ipertrofia cellulare aumentando la massa magra, riduce i depositi di grasso corporeo e rende l’epidermide più elastica. Altro ormone con analoghi risultati anabolici è il “testosterone”, che è in grado di stimolare anche la libido.

Nel dettaglio, durante lo stimolo allenante, i muscoli per produrre energia prelevano il glucosio (zuccheri) nel torrente ematico, con il perdurare dello sforzo fisico entrerà in azione il “glucagone” , ormone secreto dal pancreas, che per mantenere i livelli di glucosio necessari, promuoverà la glicogenolisi epatica.
Superata questa fase considerata come normale risposta organica all’allenamento, il corpo, macchina biologica meravigliosa,  con il prolungamento del lavoro, è in grado di accontentare le ulteriori richieste di energia, con i sistemi ormonali di emergenza: produzione di “adrenalina” quando lo sforzo è intenso ma di breve durata e il “cortisolo”  quando lo stress si prolunga ulteriormente.
Quando durante gli allenamenti un’atleta, sottoposto a stress psicofisici continui e ai limiti delle sue possibilità fisiologiche, manifesta regolarmente questa condizione metabolica, potenzialmente rischiosa per l’organismo, ci troviamo in presenza di overtraining o sovrallenamento. Detta situazione, se non gestita bene, altererebbe in maniera significativa lo stato di salute generale dell’individuo, velocizzando i processi d’invecchiamento. Infatti, con questa acidificazione tessutale accompagnata dalla presenza continua di radicali liberi, in un primo momento, i sintomi sono irritabilità, dolori muscolari e articolari, umore a terra, pressione bassa, stanchezza cronica, ecc.; con il perdurare della situazione, si avrà un deterioramento del corpo, le ossa iniziano gradualmente a perdere il loro contenuto minerale, la pelle diventa meno elastica, le difese immunitarie si abbassano, ma soprattutto si hanno ripercussioni importanti a livello cognitivo, come perdita di concentrazione e della memoria. E’ normale che a questo va aggiunto,  una maggiore incidenza di lesioni traumatiche muscolo-tendinee e articolari.
Se dovessero comparire dei sintomi da sovrallenamento sarebbe opportuno fare un analisi del sangue e valutare i risultati del  CPK, cortisolo, ematocrito e azotemia, ecc..



CONSIGLI UTILI




Sfatiamo subito un falso mito, che la sindrome da overtraining colpisce solo gli atleti. Ognuno di noi ha una propria soglia di tollerabilità allo sforzo fisico, quindi anche il principiante che inizia un programma di allenamento intenso, al di sopra delle sue capacità rischia di innescare i meccanismi perversi del sovrallenamento, sopra descritti.
Ovviamente, qualora ci trovassimo a fronteggiare la sindrome da overtraining , fondamentale è confrontarsi subito con un medico. Intanto, sarebbe consigliato fermare gli allenamenti per almeno tre settimane, dormire possibilmente 8 ore a notte, bilanciare l’alimentazione diminuendo l’assunzione di proteine animali e aumentare il consumo di carboidrati.
Tra gli integratori consigliabili, sicuramente multivitaminici, che hanno un’azione tampone sui radicali liberi, la glutammina che migliora l’idratazione e la rigenerazione dei muscoli, il potassio per immagazzinare i carboidrati e sicuramente per il miglioramento globale del nostro organismo non deve mai mancare il contributo del magnesio.
Lo sport fatto bene è indice di salute, quindi rispettiamo le esigenze del nostro corpo e quando ci sentiamo stanchi ricordiamoci che è meglio un buon riposo che un cattivo allenamento.

DIVENTIAMO I PROTAGONISTI DELLA NOSTRA SALUTE




*Capo Servizio Sanitario Q.G. – Roma

**Chinesiologo – Massofisioterapista Q.G. - Roma
 

SPALLA DOLOROSA




ART. PUBBLICATO sul "FINANZIERE"

Mensile di attualità, cultura e informazione professionale della Guardia di Finanza,
fondato nel 1886.


SPALLA DOLOROSA


La fisioterapia è utile nella maggior parte dei casi


A cura


Beniamino Colagrosso e Massimo Alfieri

Per "spalla dolorosa", di origine non traumatica, si intende un dolore localizzato sulla zona antero-laterale della spalla, che si può manifestare anche a riposo ed è accompagnato ad una limitazione funzionale.
Omero, scapola e clavicola sono le ossa che compongono la spalla, ma il suo movimento  dipende dalla sinergia di tre articolazioni, la scapolo-omerale, l’acromion-claveare e la sterno-costo-claveare, più due cosiddette "false articolazioni", la sotto-deltoidea e la scapolo-toracica.
Proprio per la sua complessità strutturale e funzionale, non è facile definire l’origine del dolore. Spesso è la conseguenza di cause multiple, talvolta unite tra loro.
Tutte le patologie, hanno un fattore comune: un’alterata meccanica motoria, generata spesso da posture scorrette che nel tempo crea alterazioni funzionali e danni alla struttura ossea e/o muscolo-tendinea. Tra le disfunzioni più comuni sicuramente è da annoverare la sindrome da conflitto (o impingement sub-acromiale), causata da una diminuzione dello spazio sotto-acromiale là dove passa il tendine del muscolo sovraspinato, generando la più diffusa affezione dolorosa della spalla con annessa impotenza funzionale.
E’ normale che specialmente durante i movimenti ripetuti di elevazione del braccio, il muscolo e la borsa sotto-acromiale coinvolti in questo meccanismo di compressione si infiammino. Intervenire subito con la fisioterapia sarebbe opportuno per evitare di incorrere nella forma cronica, che comprometterebbe inizialmente la salute dei tendini della cuffia dei rotatori (calcificazioni e/o lesioni tendinee), ma nel tempo, la contrattura antalgica riflessa (per non sentire dolore), creerebbe un’ipomobilità articolare, quindi, un peggioramento del quadro clinico che potrebbe sfociare in un’artropatia gleno-omerale (omartrosi) o una capsulite adesiva (spalla congelata). Non possiamo inoltre dimenticare le ripercussioni che si avrebbero sulla colonna vertebrale, soprattutto nel tratto cervicale (cervicalgie e cervico-brachialgie).
Nella maggior parte dei casi, la disfunzione della spalla è generata dall’intrarotazione e anteposizione della testa omerale.
E’ proprio il perdurare dello squilibrio di forze, originato dai muscoli intrarotatori che lavorano in accorciamento e gli extrarotatori che lavorano in allungamento, che nel tempo altera la fisiologia e la biomeccanica della spalla, con ripercussioni negative anche su altri distretti corporei.
 


 


MUSCOLI INTRAROTATORI

MUSCOLI EXTRAROTATORI

Sottoscapolare     (muscolo della cuffia dei rotatori)

Fasci anteriori del Deltoide

Gran dorsale

Gran pettorale

Grande Rotondo

Sovraspinato       (muscolo della cuffia dei rotatori)

Sottospinato        (muscolo della cuffia dei rotatori)              

Piccolo Rotondo (muscolo della cuffia dei rotatori)

Fasci posteriori del Deltoide

 
Ma perché questo accade? Immaginiamo la nostra postura in ufficio, in macchina, mentre solleviamo dei pesi, quando mangiamo, negli sport da combattimento, in bicicletta, e non solo; in quasi tutte le attività quotidiane il braccio lavora in avanti e in intrarotazione. Nel tempo questa postura provoca degli adattamenti che alterano la funzionalità della spalla. E’ implicito che per questa patologia, come nelle altre, la componente genetica, l’età e la mancanza di movimento sono fattori aggravanti che devono essere considerati durante i trattamenti.
Il reparto di Fisioterapia del Quartier Generale, da diversi anni, durante le sedute di fisioterapia cerca di esortare il paziente a prendere coscienza dei movimenti che gli vengono proposti durante la terapia, per creare un reset neuromotorio, abbassare il tono muscolare e rimuovere le contratture riflesse. Inoltre per eliminare la causa che ha prodotto la patologia, i terapisti consigliano di continuare la rieducazione motoria  anche a casa, suggerendo una serie di esercizi per il miglioramento muscolo-articolare.
 
CONSIGLI UTILI
SOTTO LA SUPERVISIONE DEL MEDICO SPECIALISTA
 
Un lavoro mirato a ripristinare un corretto equilibrio funzionale muscolo-articolare è alla base del trattamento fisiochinesiterapico. Per questo tipo di affezione dolorosa e per il corretto riposizionamento delle spalle, vi proponiamo tre degli esercizi consigliabili, sempre in assenza di dolore:
 
 

Per l'allungamento del gran pettorale e deltoide anteriore: esercizio di distensione con l'elastico alla spalliera, enfatizzando la fase negativa retro-ponendo le spalle alla massima escursione articolare (movimento eccentrico)

   

Per  i muscoli posteriori della schiena, trapezio, romboidei e deltoide posteriore: esercizio di trazione con elastico in range articolare ridotto e sempre retro-ponendo le spalle

 


A tutti gli esercizi segmentali segue sempre un lavoro di allungamento globale decompensato per la catena cinetica posteriore.